di Sara Cornetta
Ricordo che alle elementari, ogni volta che qualcuno mi chiedeva un parere sincero e trovava in me una risposta scomoda, subito si affrettava a dire: “Menomale che oggi è il giorno del contrario!” e giù di risate sue e ritrattazioni mie. Il problema è che ora come ora, quel “giorno del contrario” che guarda caso capitava sempre nei giorni in cui ero in vena di schiettezza, è diventato una settimana, poi due, e oggi è quasi un mese che vivo in questo “mondo alla rovescia”. Ad oggi il desiderio di solitudine che spesso accompagna l’uomo, in contrasto con l’idea di “animale sociale” di Aristotele, ad esempio, ha lasciato il posto al desiderio lacerante di un abbraccio; al lavoratore svogliato il tempo libero che tanto agognava ora sta stretto, lo stufa; le passeggiate col cane, migliore amico dell’uomo finché non ti chiede di accompagnarlo fuori sotto il diluvio, sono diventate come le ore d’aria per i carcerati, agognate come la libertà.
E questo è un dato di fatto, niente ritrattazioni. Come è un dato di fatto per noi moderni che la Terra giri intorno al Sole. Ma nel Seicento questa teoria (con tutte le implicazioni che comportava) sconvolse l’Europa e in particolare l’Italia tanto quanto ad oggi sta facendo il Covid-19, e Galileo Galilei ne è stato l’instancabile promotore, il “paziente zero” dei nostri tempi.
Per primo infatti ipotizzò che il teorema matematico proposto da Copernico potesse essere effettivamente rappresentativo della realtà, insinuando il dubbio prima nella comunità scientifica per poi allargarlo a tutta la popolazione, allo stesso modo in cui il paziente zero per primo insinuò il dubbio che anche l’Italia fosse stata colpita dal virus e che nessuno ne fosse immune, men che meno gli italiani.
L’idea, in entrambi i casi, è sconvolgente: l’uomo, per la prima volta dopo decenni, non è più in grado di fare affidamento a quelle verità che aveva ritenuto indubitabili, è solo, nudo di fronte a ciò che lo circonda, impotente. Non è più al centro dell’universo, è improvvisamente alleggerito, però negativamente, da quel fardello rappresentato dalla necessità di agire, di cambiare le cose, di lasciare un segno, in quanto creatura fatta da Dio e posta in posizione privilegiata. Non è più immortale, né potente davanti ad un’epidemia sempre più dilagante di cui non conosce la cura: all’improvviso sembra svegliarsi e comprendere che la morte, innegabile, incombe su di lui, fallibile essere umano.
Ed è quindi scontato, come avviene nella maggior parte dei casi, che in molti si rifiutino di crederci, perché è una novità scomoda, allarmante, spaventosa, come forse lo ero io per i miei poveri compagni di classe, che cercavano di trovare una via di uscita dalle mie parole, senza grande successo. Così la Chiesa, al pari degli ostinati cittadini che si ostinano a frequentare luoghi affollati e a fare festini privati, ignorando e sottovalutando la portata del cambiamento, imperterrita (ma preoccupata) incominciò la sua politica di contrasto e di contenimento della teoria copernicana, che per diversi aspetti la metteva in discussione. Come risposta a Galileo, però, la Chiesa portò tesi piuttosto discutibili, quali il mantenimento della tradizione e l’esaltazione di Aristotele, al pari delle catene su WhatsApp che parlano di virus creato apposta in laboratorio dal governo cinese destinato all’uccisione di soggetti specifici, o da aziende farmaceutiche per risollevare il mercato di prodotti sanitari. Come ci insegna la storia, però, la Chiesa sarà poi costretta ad accettare l’innovazione, come i complottisti e i miscredenti a ricredersi quando saranno stesi a letto con la febbre alta, o peggio in terapia intensiva. Il virus infatti non si ferma, anzi approfitta dei momenti di aggregazione per colpire, nonostante le restrizioni che il Governo italiano, in una lotta disperata, impone agli italiani, come fece Galileo con le sue pubblicazioni, che anzi furono scritte in volgare, per facilitarne la lettura anche al popolo.
Tuttavia nel ‘700 la paura e l’insicurezza che avevano caratterizzato la crisi dovuta alla rivoluzione culturale operata da Galileo verranno sostituite da un’incredibile fiducia nella ragione, e così anche questo momento di grande difficoltà passerà. Ma, come scrive Brecht attraverso le parole di Galileo: “beata la terra che non ha bisogno di eroi”, non avremmo dovuto avere bisogno di una pandemia e nemmeno di un Galileo che ci risvegliassero dal nostro torpore di ignoranza e superiorità. Tuttavia così è stato e certamente allo scienziato seicentesco non possiamo essere che riconoscenti, e forse forse anche a questo virus, che ci sta cambiando.
Dopo Galileo infatti non si è potuto più parlare di Terra al centro dell’universo, al massimo di Terra come centro relativo (Brahe): quali saranno le conseguenze irreversibili della situazione attuale?